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Educazione

Nel XVII secolo d.C., la differenza tra classi sociali era molto marcata in vari aspetti, in particolare nell’ambito educativo. Una persona proveniente da una bassa estrazione sociale, solitamente, riceveva un livello di educazione inferiore rispetto a una persona appartenente al clero o all'aristocrazia. Un esempio è presente nel cap. 1 in cui due bravi di Don Rodrigo, che fermano Don Abbondio per impedire il matrimonio tra Renzo e Lucia, evidenziano una competenza del curato: sapeva il latino, la quale era la lingua dei dotti (1). Invece, nel secondo capitolo usa il “latinorum” per sopraffare Renzo attraverso le parole (2, 3). Un’altra vicenda in cui viene citato il latino del curato, avviene durante l’incontro tra il sarto e Don Abbondio (nella citazione, per “volgare” s’intende il latino, 14). Nel corso del romanzo, sono presenti episodi inerenti al grado di istruzione del curato (6, 7, 8, 9, 13, 15). All’epoca, l’appartenenza a una classe sociale media o bassa non era un problema nel caso in cui la famiglia avesse avuto un elevato patrimonio: un esempio è Fra Cristoforo. Egli era il figlio di un ricco commerciante e in gioventù venne educato come un nobile (4, 5). Al contrario, nel carteggio fra Renzo e Lucia del cap. 27 emerge il grado di istruzione di Renzo, un umile filatore di seta che era semianalfabeta e che faceva fatica a leggere e che non era capace di scrivere (11, 12). L'analfabetismo di Renzo emerge anche nel cap. 33, in cui gli impedisce di aspirare a un posto di lavoro migliore da factotum e costringendolo a fare lavori più umili. Il sarto, a differenza di altri personaggi presenti nel romanzo, si può definire un autodidatta grazie alla sua capacità di leggere, infatti, si può notare che la maggior parte delle nozioni che acquisisce provengono dalla lettura (10, 13, 14).

NOTE:

1 - “Oh! suggerire a lei che sa di latino!” (cap. 1)

2 - “Error, conditio, votum, cognatio, crimen, Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas, Si sis affinis, …” (cap. 2)

3 - “antequam matrimonium denunciet…” (cap. 2)

4 - “Fece educare il figlio nobilmente, secondo la condizione de' tempi” (cap. 4)

5 - “Omnia munda mundis” (cap 8)

6 - “Carneade! Chi era costui?” (cap. 8)

7 - “Carneade! questo nome mi par bene d'averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di studio, un letteratone del tempo antico: è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui?” (cap. 8)

8 - “Bisogna sapere che don Abbondio si dilettava di leggere un pochino ogni giorno; e un curato suo vicino, che aveva un po' di libreria, gli prestava un libro dopo l'altro, il primo che gli veniva alle mani.” (cap. 8)

9 - “Il santo v'era paragonato, per l'amore allo studio, ad Archimede; e fin qui don Abbondio non trovava inciampo” (cap. 8)

10 - “un uomo che sapeva leggere, che aveva letto in fatti più d'una volta il Leggendario de' Santi, il Guerrin meschino e i Reali di Francia, e passava, in quelle parti, per un uomo di talento e di scienza” (cap. 24)

11 - “Una, che avrebbe dovuto anche lui confidarsi a un segretario, perché il poverino non sapeva scrivere, e neppur leggere, nel senso esteso della parola;” (cap. 27)

12 - “ma era la verità che lo stampato lo sapeva leggere, mettendoci il suo tempo: lo scritto è un altro par di maniche.” (cap. 27)

13 - “- e quelli che son rimasti, han mutato sistema, ma come! In somma è diventato quel castello una Tebaide: lei le sa queste cose. -” (cap. 29)

14 - “- signor curato, se mai desiderasse di portar lassù qualche libro, per passare il tempo, da pover'uomo posso servirla: ché anch'io mi diverto un po' a leggere. Cose non da par suo, libri in volgare; ma però… -” (cap. 29)

15 - “rispose don Abbondio: - son circostanze, che si ha appena testa d'occuparsi di quel che è di precetto. -” (cap. 29)

16 - “e perché Renzo, come giovine di talento, e abile nel mestiere, era, in una fabbrica, di grande aiuto al factotum, senza poter mai aspirare a divenirlo lui, per quella benedetta disgrazia di non saper tener la penna in mano.” (cap. 33)

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