PROMESSI SPOSI E FAMIGLIA MANZONI
2AS LICEO MARTIN LATISANA
ECONOMIA, MONETA, VALORE D'ACQUISTO
Il romanzo di Alessandro Manzoni “I Promessi Sposi” è ambientato in pieno ‘600. L’autore ci illustra la decadenza economica che attraversa il paese, in particolar modo causata dalla carestia, dalla peste, dalle scelte fiscali e dalla politica che peggiora l’economia.
Il governo spagnolo presente in Italia in quel periodo, per contrastare la grave carestia non ha fatto nulla, tanto da provocare le rivolte che per giunta misero nei guai Renzo a Milano (Si vedevano anche correre berlinghe, reali e parpagliole, che, se avessero potuto parlare, avrebbero detto probabilmente: “noi eravamo stamattina nella ciotola d’un fornaio, o nelle tasche di qualche spettatore del tumulto, che tutt’intento a vedere come andassero gli affari pubblici, si dimenticava di vigilar le sue faccendole private”).
L’unica cosa che il cancelliere Ferrer è stato in grado di fare è stato mettere un calmiere al pane, (cap. XII “ nominò una giunta, alla quale conferì l’autorità di stabilire al pane un prezzo che potesse correre; una cosa da poterci campar tanto una parte che l’altra. I deputati si radunarono, o come qui si diceva spagnolescamente nel gergo segretariesco d’allora, si giuntarono; e dopo mille riverenze, complimenti, preamboli, sospiri, sospensioni, proposizioni in aria, tergiversazioni, strascinati tutti verso una deliberazione da una necessità sentita da tutti, sapendo bene che giocavano una gran carta, ma convinti che non c’era da far altro, conclusero di rincarare il pane. I fornai respirarono; ma il popolo imbestialì. [...] Era quello il second’anno di raccolta scarsa. Nell’antecedente, le provvisioni rimaste degli anni addietro avevan supplito, fino a un certo segno, al difetto; e la popolazione era giunta, non satolla né affamata, ma, certo, affatto sprovveduta, alla messe del 1628, nel quale siamo con la nostra storia. Ora, questa messe tanto desiderata riuscì ancor più misera della precedente, in parte per maggior contrarietà delle stagioni (e questo non solo nel milanese, ma in un buon tratto di paese circonvicino); in parte per colpa degli uomini. Il guasto e lo sperperìo della guerra, di quella bella guerra di cui abbiam fatto menzione di sopra , era tale, che, nella parte dello stato più vicina ad essa, molti poderi più dell’ordinario rimanevano incolti e abbandonati da’ contadini, i quali, in vece di procacciar col lavoro pane per sé e per gli altri, eran costretti d’andare ad accattarlo per carità. Ho detto: più dell’ordinario; perché le insopportabili gravezza, imposte con una cupidigia e con un’insensatezza del pari sterminate, la condotta abituale, anche in piena pace, delle truppe alloggiate ne’ paesi, condotta che i dolorosi documenti di que’ tempi uguagliano a quella d’un nemico invasore, altre cagioni che non è qui il luogo di mentovare, andavano già da qualche tempo operando lentamente quel tristo effetto in tutto il milanese: le circostanze particolari di cui ora parliamo, erano come una repentina esacerbazione d’un mal cronico. E quella qualunque raccolta non era ancor finita di riporre, che le provvisioni per l’esercito, e lo sciupinìo che sempre le accompagna, ci fecero dentro un tal vòto, che la penuria si fece subito sentire, e con la penuria quel suo doloroso, ma salutevole come inevitabile effetto, il rincaro.) scelta che ha portato solo problemi all’economia e alla politica spagnola”).
Il calmiere dei prezzi ha portati problemi ai fornai, senza contare il disagio causato alla gente quando fu abbassato, poi abolito e il prezzo del pane è risalito di nuovo. Il Manzoni pensava che se in campo economico il governo avesse ad esempio, come si legge nel capitolo 17 (“in Milano hanno fatto tutto quel chiasso. Mi paiono un po’ matti coloro. Già, n’era corsa la voce anche qui; ma voglio che tu mi racconti poi la cosa più minutamente. Eh! n’abbiamo delle cose da discorrere. Qui però, vedi, la va più quietamente, e si fanno le cose con un po’ più di giudizio. La citta ha comprate duemila some di grano da un mercante che sta a Venezia: grano che vien di Turchia; ma, quando si tratta di mangiare, la non si guarda tanto per il sottile. Ora senti un po’ cosa nasce: nasce che i rettori di Verona e di Brescia chiudono i passi, e dicono: di qui non passa grano. Che ti fanno i bergamaschi? Spediscono a Venezia Lorenzo Torre, un dottore, ma di quelli! È partito in fretta, s’è presentato al doge, e ha detto: che idea è venuta a que’ signori rettori? Ma un discorso! un discorso, dicono, da dare alle stampe. Cosa vuol dire avere un uomo che sappia parlare! Subito un ordine che si lasci passare il grano; e i rettori, non solo lasciarlo passare, ma bisogna che lo facciano scortare; ed è in viaggio. E s’è pensato anche al contado. Giovanbatista Biava, nunzio di Bergamo in Venezia (un uomo anche quello!) ha fatto intendere al senato che, anche in campagna, si pativa la fame; e il senato ha concesso quattro mila staia di miglio. Anche questo aiuta a far pane. E poi, lo vuoi sapere? se non ci sarà pane, mangeremo del companatico. Il Signore m’ha dato del bene, come ti dico. ) acquistato i cereali in paesi non colpiti dalla carestia, probabilmente la popolazione non avrebbe patito tanta fame, ma i dazi doganali non furono tolti e questo non fu possibile.”)
Quindi i provvedimenti presi dal governo spagnolo non hanno fatto fronte al problema della carestia che stava dilagando. I provvedimenti presi in quell’inverno tra novembre e dicembre, come vietare l’acquisto di pane a chi già ne possedeva, il sequestro del riso, il divieto di portare fuori il pane, le farine e i grani dalla città sono visti dal Manzoni conseguenze che portarono a fissare il prezzo del pane ad un prezzo lontanissimo da quello reale.
Tutto ciò portò un divario esagerato tra le classi sociali, dove la nobiltà in piena decadenza economica vedeva che il suo potere si faceva più precario e quindi cercava solo di avere privilegi, basato su soprusi e sopraffazione e soprattutto non riesce o non vuole, aiutare gli strati più miseri della popolazione. Infatti la nobiltà è ignorante e arrogante e priva di ideali (vedasi il pranzo a casa di Don Rodrigo, dove la carestia è vista in modo superficiale!) e questo la porterà più avanti ad essere sopraffatta dalla borghesia.
Manzoni presentando un romanzo storico, ricco e approfondito non si è nemmeno dimenticato di nominare le monete che si utilizzavano a quel tempo: Berlinghe, lire, parpagliole, scudi, soldi, quattrini e ducatoni, che ovviamente sono legate anche al dominio spagnolo.
Rif. :“ Tu hai un debito di venticinque lire con il signor curato, per fitto del suo campo,che lavoravi l’anno passato.”Questo aveva detto Renzo al cugino Tonio, per ottenere la sua complicità nell’impresa che stava organizzando ai danni del curato(cap. VI).
“Son venticinque berlinghe nuove di quelle con sant’Ambrogio a cavallo”, dice Tonio a don Abbondio, entrando nel suo piccolo studio.(cap. VIII)
“Cavò alcuni scudi d’oro e li mise in mano al caporalaccio(cap. XX).”