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Generalità e dettagli su clero e medici

Nel 1600, la pratica medica era ancora influenzata da teorie e credenze arcaiche e spesso si basava su conoscenze limitate.
Le malattie nel XVII secolo erano spesso attribuite a cause mistiche o sovrannaturali: la credenza nella "teoria dei miasmi" era diffusa, secondo la quale l'aria avvelenata da odori putridi o velenosi poteva causare malattie. Questa concezione era strettamente collegata alla teoria dei "venti" o "umori" che regolavano l'equilibrio del corpo.
La figura del medico nel 1600 era quella di un sapiente, spesso associato a conoscenze occulte e magiche; essi erano divisi in diverse categorie, tra cui i "medici fisici" che si occupavano delle cure tradizionali e i "medici astrologi" che facevano diagnosi basandosi sulle posizioni dei pianeti.
Le terapie utilizzate all'epoca includevano l'uso di erbe medicinali, sanguisughe, ventose e altre pratiche che oggi considereremmo primitive. L’utilizzo medico di purga e salasso era comune, poiché si credeva che l'eliminazione di sostanze "maligne" dal corpo potesse guarire le malattie.

 

I chierici chirurghi erano un gruppo di professionisti che combinavano la pratica medica con il ruolo di membri del clero. Essi erano sacerdoti o chierici che avevano ricevuto una formazione medica o chirurgica e fornivano assistenza sanitaria alla popolazione. Gli ordini dei medici, d'altra parte, erano associazioni professionali che raggruppavano i medici dell'epoca. Questi ordini, avevano il compito di regolamentare la pratica medica, stabilire standard di qualità e disciplinare i medici che non rispettavano le norme. (1)
 

Malattie e rispettive cure

Una delle malattie più temute e devastanti dell'epoca era la peste, che comprendeva la peste bubbonica, la peste polmonare e la peste septonica. Era una malattia altamente contagiosa causata dal batterio Yersinia pestis e si diffondeva rapidamente attraverso le pulci dei roditori e i contatti interpersonali. Inoltre, portava spesso a epidemie che provocavano un alto tasso di mortalità, per il numero ridotto di medici preparati, pronti a soccorrere con cure accettate dall'ordine dei Medici gli appestati. 

Talvolta, quando la malattia peggiorava, la soluzione condivisa dai medici era quella di aumentare il dosaggio della medicina senza prendere però in considerazione gli effetti collaterali. (2)
Successivamente, è importante osservare la presenza di malattie più comuni come febbre e raffreddore, che si diffondevano con grande rapidità anche nel 1600 (3) : per contrastare queste malattie o per alleviarne i sintomi riducendo l'infiammazione venivano utilizzate diverse erbe medicinali, come ad esempio: l'infuso di salvia, timo, camomilla o menta. Un metodo più rudimentale e casalingo era quello di applicare impacchi sulla fronte o sulle zone in cui si percepiva maggior dolore, in particolare quando la febbre peggiorava.
Le comuni ferite venivano trattate con semplici bendaggi o strumenti medici rudimentali (4) , dato che la conoscenza in medicina non era ancora del tutto sviluppata e le cure accessibili alla maggior parte della popolazione erano quelle dei frati chirurghi (che non sempre erano formati a dovere).

Note

(1) "Il clero vegliava a sostenere e ad estendere le sue immunità, la nobiltà i suoi privilegi, il militare le sue esenzioni. I mercanti, gli artigiani erano arrolati in maestranze e in confraternite, i giurisperiti formavano una lega, i medici stessi una corporazione" (cap.1)

"Quando fu tornato in sé, si trovò in un letto dell'infermeria, nelle mani del frate chirurgo (i cappuccini ne avevano ordinariamente uno in ogni convento)" (cap.4)

(2) "prescrive di nuovo gli stessi rimedi, accrescendo la dose, come s'usa nelle malattie ostinate" (cap.1)

(3)  "L'avrete sentito dire; sono ammalato (febbre), e non so quando potrò lasciarmi vedere... Ma perché vi siete condotto dietro quel... quel figliuolo?" (cap.8)

        ""Cominciò anche a far loro de' cenni col viso, e a tossire in quel modo che indica tutt'altro che un raffreddore." (cap.15)

(4)  "Quando fu tornato in sé, si trovò in un letto dell'infermeria, nelle mani del frate chirurgo (i cappuccini ne avevano ordinariamente uno in ogni convento), che accomodava faldelle e fasce sulle due ferite ch'egli aveva ricevute nello scontro." (cap.4)

""Perché non vorrei alle volte che mettessimo un impiastro dove non c'è ferita"" (cap.19)

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